giovedì 28 aprile 2011

Il futuro è nelle mani di Giove


Gli antichi greci saggiamente pensavano che il futuro è deciso dai capricciosi Dei dell'Olimpo e non davano molto credito a chi si vantava di poterlo prevedere.
Tuttavia, gli indovini continuarono ad avere una discreta fortuna presso molti popoli, grazie alla diffusa necessità di penetrare i misteri della natura: il ciclo delle stagioni, l'evoluzione delle piogge e delle maree, le piene dei fiumi, le alluvioni.
Questa primordiale esigenza umana di prevedere il futuro, e possibilmente controllarlo, portò alla nascita del pensiero scientifico. Nacquero così la metereologia, l'astronomia, la matematica e la geometria, e, via via, le altre scienze. Il bisogno e il desiderio di “capire e prevedere” ha, fin dalla preistoria, distinto l'uomo dalle altre specie viventi.
Il mondo moderno, grazie alla strabiliante potenza della tecnologia e al progresso del sapere, spinto dalla necessità di programmare, prova ancora, costantemente, a sfidare il mistero di ciò che potrà avvenire nel futuro prossimo o lontano.
Ma, almeno per il momento, la sfida è persa

Eventi come la caduta del muro di Berlino, i fatti del terrorismo internazionale, l'esplosione di una bolla finanziaria, il fallimento di una grande banca, la crisi greca o l'eruzione del vulcano in Islanda erano difficilmente prevedibili, ma ancor più inimmaginabili sono state le loro conseguenze che hanno avuto impatto sulle vite di miliardi di persone.

La nebbia su cosa sarà domani, fra un mese o fra un anno è ancora più fitta per gli eventi che possono modificare l'andamento dei mercati finanziari, dove fatti anche apparentemente minori e trascurabili, che magari interessano solo una azienda o un piccolo stato, possono generare ondate di follia collettiva, di panico o di euforia a livello globale.
Le crisi del 1929 e del 2008, e non solo queste, dovrebbero aver aperto gli occhi a chiunque si occupa di economia e di finanza. La dimensione dei terremoti che si sono prodotti in queste occasioni, ma anche in innumerevoli altre di portata solo lievemente minore, dovrebbe aver fatto capire che “prevedere” è un'arte davvero difficile, se non impossibile.
Pochi campi dell'agire umano hanno ricevuto l'attenzione di scienziati e studiosi delle più diverse discipline come i mercati finanziari. Economisti, filosofi, matematici, statistici, sociologi, psicologi, fisici, informatici, scienziati e premi nobel, studiosi e scaltri speculatori, milioni di persone in tutto il mondo hanno subito il fascino del mercato e dei suoi misteri, di quell'intreccio di razionalità e casualità, di astuzia e follia, di prudenza e rischio, tutti alla ricerca della pietra filosofale in grado di far diventare ricco chi fosse riuscito a trovarla.
Ma, com'è noto, anche celebrati premi Nobel sono miseramente falliti, perchè la “pietra”, semplicemente, non esiste. L'uomo non dispone ancora di un sapere in grado di fornire certezze assolute su come dominare i capricci dei mercati e fare previsioni affidabili sul loro andamento.
Non c'è nessun potere previsionale nè dell'analisi fondamentale, nè dell'analisi tecnica. Il fatto che le previsioni talvolta si avverano non significa che esiste un metodo previsionale costantemente affidabile.
Un analista fondamentale può scrupolosamente studiare il bilancio di una azienda, il suo mercato, la qualità dei manager, l'andamento medio di fatturato e utili, ma non potrà mai mettere nel conto il cigno nero di un evento imprevedibile, che potrà d'improvviso stravolgere il valore di borsa di quell'impresa.
Milioni di trader in tutto il mondo si affannano, per lo più inutilmente, a ricercare i “migliori” indicatori di trend dei mercati, a studiarne i settaggi più sofisticati, a tracciare linee di ogni tipo sui loro grafici che potrebbero risultare utili solo se il mercato fosse, come in un asettico laboratorio, preservato da fatti inattesi e notizie capaci di eccitare l'umore degli operatori. Tutti, con saperi e strumenti diversi, si affannano a fare previsioni su ogni tipo di mercato, a lungo, a medio e a breve termine. Ma, salvo alcuni fortunati, che solo per caso riescono a trarre profitto dalle loro “previsioni”, i più sono tristemente destinati a perdere soldi.

La sfida al random walk è, quindi, una sfida persa? In due anni di approfondimenti ed esperimenti di ogni tipo, mi sono convinto che può non essere necessariamente così, purchè si maturi la necessaria consapevolezza della “complessità” dei fenomeni finanziari e delle sue leggi, giungendo a scoprire, con l'esperienza, i trucchi del mestiere che possono rendere profittevole il trading.

Il mercato è un luogo caotico, ma “il Caso favorisce le menti preparate” (L.Pasteur).

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